domenica 31 agosto 2008

No al Parcheggio del Pincio: un atto liberatorio per la politica della mobilità a Roma.

SULLA CONTROVERSA VICENDA DEL PARCHEGGIO DEL PINCIO RICEVIAMO DALL'AMICO MARCELLO PAOLOZZA -E BEN VOLENTIERI PUBBLICHIAMO- LE SEGUENTI CONSIDERAZIONI:
"Manca una manciata di giorni al 2 settembre, giorno in cui il Sindaco Alemanno dovrà pronunciarsi sul parcheggio del Pincio.
Le forze politiche che lo hanno fortemente voluto nella passata legislatura lo continuano a dinfendere, nascondendosi quando non hanno altre argomentazioni, dietro il paravento di penali e spese che il Comune dovrebbe pagare! Giuseppe Pullara dalle pagine della Cronaca di Roma del Corriere della Sera di oggi ridicolizza giustamente queste argomentazioni ricordando anche che il "il Campidoglio ..... non può limitarsi ad una analisi costi/benefici..."
Italia Nostra. che continua coraggiosamente la sua battaglia contro questo mostruoso lascito dell'era Veltroni. al contrario denuncia "...che i lavori si stanno svolgendo in un quadro di triplice irregolarità.... (e chiede)....che si proceda immediatamente a una rescisssione contrattuale in danno e si quantifichino i danni patrimoniali maturati ad oggi".
Al riguardo vi invio in allegato un bell'intervento di Renato Nicolini e propongo che i Comitati e le Associazioni di quartiere che in tutti questi ultimi anni hanno sostenuto la battaglia contro il Parcheggio del Pincio e per una diversa politica della mobilità a Roma riaffermino pubblicamente e con chiarrezza la contrarietà a quest'opera devastante. Marcello Paolozza


ALLEGATO:
Il Pincio conteso
Autore: Nicolini, Renato Data di pubblicazione: 26.08.2008
Analisi politica di alcune aporie dell’urbanistica romana. Da il manifesto, 26 agosto 2008 (m.p.g.)
Oggi ci s'interroga se Alemanno, a proposito del Pincio, considererà più impegnative le strizzate d'occhio ad Italia Nostra prima del ballottaggio, o gli interessi economici intrecciati alla «grande impresa» che stanno uscendo allo scoperto. Ha l'alibi di chi ha gridato ai conti in rosso, e dello sbandierato ammontare della penale. E soprattutto del fatto che il famigerato parcheggio non è una sua iniziativa, ma un'eredità della giunta Veltroni. Nella mia lunga vita di assessore e consigliere comunale, ho avuto più di una volta la sensazione che l'approccio della «macchina comunale» al traffico romano non sia il più felice, pesante nelle soluzioni (il modo in cui è stata progettata la linea «8», più un monumento all'idea di tram che un funzionale tram veloce, che forse avrebbe potuto fare a meno, come ad Amsterdam, della banchina centrale e dei cordoli, appoggiandosi direttamente ai marciapiedi di viale Trastevere) quanto approssimativo nei dettagli (per restare sull'«8», basta guardare la foresta dei semafori davanti al ministero della Pubblica Istruzione).
A Roma sopravvivono tecniche consigliate dai peggiori manuali degli anni Cinquanta: le più datate sono la rotatoria come panacea universale, e l'idea di ricercare la «grande soluzione» anziché le più complesse soluzioni. L'idea che, per diminuire le auto parcheggiate per strada, occorrono più parcheggi ne è un corollario. Mentre sinora tutte le esperienze hanno dimostrato che è vero il contrario, che i nuovi parcheggi generano traffico. Oppure - a Roma - restano inutilizzati (basta visitare il famoso parcheggio del Gianicolo, ragione di una furibonda controversia giubilare di Rutelli contro il «signor no» La Regina) o sottoutilizzati (come lo stesso parcheggio - d'autore, firmato Luigi Moretti; e teatro di un evento culturale come Contemporanea di Porta Pinciana). In fondo, osserva qualcuno, non è tanto grande la distanza tra il progettato parcheggio del Pincio e quello esistente di Moretti... Aggiungo che considero un po' velleitaria l'idea, alla base del progetto, che i residenti del Tridente compreranno tutti un box nel nuovo parcheggio, in modo di poterlo liberare integralmente dalle macchine. E se non tutti facessero così? È il mercato, bellezza!
Dire di no al parcheggio potrebbe avere il valore liberatorio di rompere con l'illusione di risolvere una polmonite con l'aspirina. Ma Alemanno non sembra aver molta voglia di approfondire la questione, al punto di non trasmettere ai «cinque saggi della «sua» commissione i risultati degli scavi compiuti dalla Sopraintendenza. Preferisce pensare in grande: alla sua commissione Attali «de noantri», dove Venditti dovrebbe dialogare con Cipolletta e Portoghesi. Pensare che Tremonti si scaglia contro «il nullismo del '68»! Ma questo non è nullismo, è (berlusconiana) cura dell'immagine. Nonostante l'indecisione dell'opposizione in Campidoglio, la questione del parcheggio del Pincio ha prodotto una divisione reale nella maggioranza di Alemanno. Non si scherza col simbolico, e in questo caso il simbolico si propone ben due volte. Il parcheggio va bloccato perché è uno dei simboli della Roma di Veltroni, le scoperte archeologiche vanno tutelate perché sono memoria del glorioso passato. E non l'ha appena detto Tremonti, che per andare avanti occorre guardare al passato?
Proprio queste fibrillazioni politiche mettono in evidenza una sostanziale indifferenza delle reazioni alle scoperte archeologiche appena pubblicate. La bellezza delle immagini è stata contraddetta dalla valutazione possibilista dello stesso sopraintendente. Purtroppo è qualcosa che appartiene più al ceto politico che al riflesso d'ordine della grande stampa. Anche del ceto politico del centro sinistra: a Napoli la Jervolino non ha saputo nascondere il suo disappunto per analoghi tesori portati in luce dai lavori della metropolitana. Haussmann, il demolitore» della vecchia Parigi per costruire la nuova, non rifiutò per caso un analogo incarico, che il Governo italiano gli offrì dopo la caduta di Napoleone III in quello stesso anno 1870 in cui Roma fu riunita all'Italia.
A Roma bisogna sapere intervenire con più delicatezza, quella per cui il «prefetto di ferro» non si sentiva giustamente portato. E soprattutto con idee più generali di singole grandi opere presunte, qui un parcheggio, lì una Nuvola, lì la «città della fitness acquatica» al posto del Velodromo di Ligini fatto esplodere dallo stesso prefetto che avrebbe dovuto tutelarlo. La capacità che abbiamo di comprendere il senso della città, della sua storia e dei suoi monumenti, non è altro che lo specchio della nostra capacità di essere moderni nell'intimo, che è altra cosa dalla sua esibizione spettacolare. A Roma pensiamo a termine il maxi, il macro, la Nuvola di Fuksas la cui costruzione sta diventando una favola. Pensiamo a vere «nuove centralità» che sappiano competere col fascino del centro. Non è qualcosa d'impossibile, in fondo la stessa trasformazione del modo di vivere a Testaccio, all'Ostiense, a San Lorenzo lo dimostra. L'unico difetto è che finora si tratta di centralità cresciute «a macchia d'olio» intorno al centro esistente. E riprendiamo la «grande idea» di Petroselli per Roma - il centro archeologico e storico luogo della cultura - in forme meno banalmente tecniciste che far dipendere dal parcheggio del Pincio la pedonalizzazione del Tridente.