domenica 14 febbraio 2010

ANCORA A PROPOSITO DEL CONSIGLIO COMUNALE DI GIOVEDI 11 FEBBRAIO SUL FUTURO DELL'ACEA E DELL'ACQUA A ROMA

DAL CORRIERE DELLA SERA -EDIZIONE ROMA DI VENERDI' 12 FEBBRAIO 2010:
Articolo di Ernesco Menicucci, dal titolo: "Consiglio Straordinario, bagarre in aula, proteste e urla. Manifestazione a piazza del Campidoglio. Alemanno: non svenderò l'acqua di Roma. Il Sindaco. ACEA mia monopolio privato, Rutelli: pronti al referendum".
Riteniamo opportuno segnalare alcuni punti, alcuni aspetti del consiglio, e soprattutto alcune "dimenticanze" del PD, che, senza alcuna riflessione e/o rimeditazione sul passato, come perltro nel suo complessivo rapporto con i limiti drammatici del cosiddetto "Modello Roma", vuole riproporsi, con ben scarsa credibilità a questo punto, come PALADINO dell'acqua pubblica:
  • l'opposizione, in particolare il PD, si è scagliata contro la giunta attuale, all'insegna dello slogan "No alla privatizzazione dell'acqua, Roma merita di più", dimenticando di ricodare che solo qualche anno fa era stato Veltroni a portare in ACEA proprio una della grandi aziende multinazionali dell'acqua, la francese SUEZ, ben nota nel terzo mondo per i suoi affari sulle acque a spese delle popolazioni locali (VEDI: http://www.politicadomani.it/index.html?main=Pagine/Giornale/Num65/Fatti%20e%20misfatti.htm: ARTICOLO DEL GENNAIO 2007: Il nodo politico dell'acqua pubblica: la sfida per il centrosinistra
    La questione ci riguarda molto da vicino per diversi motivi. Sono infatti le "nostre" multinazionali europee (Suez, Veolia, Acea, Impregilo) che hanno conquistato il mercato mondiale della sete; è il "nostro" modello di gestione dell'acqua che sta fallendo in America Latina. E infine, i gestori che vengono espulsi per "cattiva condotta" sono i "nostri" padroni dell'acqua: sono i gestori dell'acqua che noi beviamo tutti i giorni. Suez, ad esempio, possiede quasi il 10% di Acea, che è il principale gestore del centro Italia. Acea, poi, è posseduta al 51% dal Comune di Roma, roccaforte della sinistra, una sinistra che dice, a parole, di sostenere il principio che un bene essenziale come l'acqua deve essere pubblico.  Si tratta di un nodo politico che richiede chiarezza da parte di tutta l'Europa e che a casa nostra richiede trasparenza e risposte chiare a domande scomode fatte ai nostri amministratori pubblici:  ad esempio a Veltroni, il Sindaco di Roma, di fatto socio di quelle compagnie che si sono arricchite in altri paesi assetando milioni di persone";
  • dimentica ancora il PD la clamorosa decisione assunta nel  2007 dall'Antitrust sull'accordo ACEA-Suez in Toscana, a seguito del quale l'ACEA s'era beccata una bella multa, ed era stato bloccato un meccanismo perverso (VEDI:  http://www.liblab.it/ita/Terra-futura/Beni-comuni/Acqua/Acea,-il-braccio-armato-di-Suez   , ARTICOLO DEL 30 NOVEMBRE 2007: Acea, il braccio armato di Suez
    La decisione dell'antitrust sull'accordo Acea-Suez in Toscana è, senza dubbio, storico. Non è la multa di 8,3 milioni di Euro a preoccupare Acea, ma lo stop imposto dall'Autority alla strategia di conquista dell'Italia delle due multinazionali dell'acqua. Vale forse più della moratoria.
    Le 66 pagine del disposivo dell'antitrust sono di per se un documento storico, dato che è la prima volta che viene fatta luce sullo scellerato piano di conquista della nostra acqua. Ed è un lungo atto di accusa al potere DS-Margherita sui beni comuni, perché, non dobbiamo dimenticarlo, Acea è per il 51% del Comune di Roma
    Se la creazione della SPA e l'apertura al capitale privato è avvenuto con la coppia Rutelli/Lanzillotta, l'accordo con Suez è stato - di fatto - siglato da Walter Veltroni, che, due giorni fa, annunciava con entusiasmo i nuovi piani di espansione di ACEA in Toscana.
    "Obiettivo: utilizzare Acea come ‘braccio armato’ di Suez per l’acqua in Italia" è quanto si legge su un documento che ha circolato nel 2003 tra i dirigenti di Suez Ambiente. E' solo un piccolo pezzo del complesso puzzle ricostruito dall'antitrust, che ha analizzato con cura centinaia di documenti "rinvenuti" nelle sedi delle due multinazionali dell'acqua e dell'energia. La strategia è chiara: Suez ha bisogno di controllare Acea, attraverso una solida partership, fatta di accordi taciti di non concorrenza, di acquisto di azioni e di scambio di Consiglieri di Amministrazione. Fabiano Fabiani entra così nel CdA di Suez Ambiente e Chaussade entra nel CdA di Acea. Un patto di sangue, fatto sulla pelle degli cittadini che si sono visti aumentare le bollette dell'acqua dopo l'arrivo del duo Acea-Suez.
    Ed è proprio questo patto che l'antitrust ha censurato, colpendo al cuore il sistema acqua dell'asse Roma-Parigi.
    Che succede ora? Probabilmente il PD farà finta di nulla, Acea farà ricorso, i giornali non ne parleranno. Servirebbe, invece, una presa di posizione forte. Sarebbe necessario, ad esempio, che il Sindaco di Roma chiedesse le dimissioni di Fabiano Fabiani, che si rivedesse l'alleanza con Suez, che si presentasse un piano chiaro con l'obiettivo immediato di una riduzione delle quote di Suez (e già che ci siamo anche di Caltagirone) in Acea. Ma la battaglia per l'acqua bene comune non sarà semplice e, come si dice, dagli amici mi guardi DIO"; 
    • si è dovuto infatti attendere l'arrivo di Alemanno perchè Suez fosse sostanzialmente estromessa da alcuni meccanismi di potere che le avevano dato  in ACEA spazio, molto spazio, come avete potuto leeggere qui sopra......
    • nel corso del consiglio il sindaco ha dovuto più voltre ricordare all'opposizione il debito lasciato in eredità alla giunta attuale, ed infatti è probabilmente lì la ragione di una frenetica corsa di Alemanno a trovare risorse per tamponare buchi che lui stesso non ha probabilmente sino in fondo il coraggio di rivelare alla città, anche perchè i 500 milioni di euro che dovevano arrivare dal governo centrale, prima dovevano arrivare, poi hanno tardato, ed infine sembra siano arrivati in caserme ed immobili che dovrebbero essere "valorizzati" per cavarne qualcosa, proprio in un momento in cui il mercao immobiliare è crollato, e grandi e piccoli immobiliaristi rischiano il tracollo !
    • Insoma il PD ha inscenato una poco credibile sceneggiata, ed Alemanno ha dovuto ribadire che non svenderà l'acqua di Roma.
    • Dei reali problemi di ACEA e delle vere prospettive per il futuro dell'acqua a Roma se ne parlerà un'altra volta !
    Leggi l'articolo del Corriere della Sera anche direttamente sul sito on line, con altre interessanti notizie:
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/10_febbraio_11/protesta-acqua-piazza-venezia-campidoglio-1602448802202.shtml

INFINE UN'ULTIMA RIFLESSIONE SU QUELLI CHE SONO EFFETTIVAMENTE GLI ORIZZONTI DELLA COSIDDETTA "PRIVATIZZAZIONE" DELL'ACQUA, AI SENSI DELL'ART. 15 DEL DECRETO LEGGE N. 15/2009:
(FONTE: http://www.nannimagazine.it/articolo/Acqua-decreto-Ronchi-affidare-la-gestione-ai-privati-per-ridurre-gli-sprechi )
TROVI L'ART. 15 QUI: http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/decreto_ronchi/decreto/art15.pdf

La norma che più fa discutere in

questi giorni è l'articolo 15 che riguarda l' 'Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica". È qui, infatti, che sono contenute le disposizioni relative alla tanto dibattuta 'privatizzazione dell'acqua'. Vediamo, quindi, nel dettaglio cosa cambierà nelle politiche di gestione e distribuzione di questo preziosissimo bene.

Dalla lettura dell'articolo 15 emerge come il nuovo impianto legislativo sia

  fondato su due procedure 'standard' di conferimento della gestione dei servizi pubblici locali (tra cui, appunto, i servizi idrici):
- esso può avvenire, in primo luogo, a favore di "imprenditori o società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica";
- è fatta salva la possibilità di evitare la gara mediante affidamento diretto da parte dell'ente locale, purché l'impresa affidataria sia a partecipazione mista pubblica e privata. Il capitale di queste aziende, ovvero deve essere posseduto in parte anche da privati (la norma specifica che tale partecipazione non deve essere inferiore al 40 per cento) ai quali, in più, dovranno essere assegnati "compiti operativi connessi alla gestione del servizio".
L'obiettivo è, quindi, quello di assicurare che il gestore del servizio sia
un operatore in grado di vincere una gara d'appalto in competizione con altre imprese concorrenti. Dalla partecipazione a queste gare, però, non sono escluse le aziende di matrice totalmente pubblica: è ovvio, tuttavia, che l'impresa vincitrice sarà quella in grado di garantire i livelli più alti di qualità ed efficienza. Come a dire: vinca il migliore, pubblico o privato, poco importa. 
Nel caso, invece, di conferimento diretto ad una società a capitale misto
il legislatore sembra supporre (secondo molti studi sul nostro Paese, a ragione) che la compartecipazione di un privato, interessato ad ottenere dei rendimenti sul denaro investito, contribuisca a migliorare l’erogazione del servizio. In ogni caso, qualora vi siano seri motivi di carattere economico-ambientale che impediscano il ricorso alle normali procedure di mercato, è possibile l'affidamento ad una società a capitale esclusivamente pubblico, purché l'ente locale renda pubblica e motivi adeguatamente questa scelta. Come si deduce, parlare di 'privatizzazione' dell'acqua appare eccessivo
La 'ratio' della legge appare legata, invece,  in buona parte, alla situazione a dir poco critica della rete idrica italiana (vedi dossier già pubblicato da NanniMagazine). È stato stimato, infatti, che per 'rimettere in carreggiata' le nostre infrastrutture nel prossimo triennio saranno necessari investimenti per ben 60 miliardi di euro. Con questo decreto, dunque, lo Stato conta di passare parte del problema al settore privato, attirandolo con delle prospettive di guadagno che restano comunque molto allettanti.In realtà gli aspetti problematici della questione sono altri. Prima di tutto
si pone un problema di 'incompletezza' della normativa. Infatti, se da una parte i nuovi procedimenti sono tutto sommato aderenti ad un principio di buon funzionamento del sistema Italia, resta aperto il problema della mancanza di un controllore che vigili sulla loro corretta applicazione e, in generale, sull'intero comparto dei servizi pubblici locali (basti pensare alla necessità, sottolineata anche dall'Antitrust, di monitorare costantemente gli standard qualitativi garantiti dal gestore e i livelli tariffari). Su questo punto ha posto l'attenzione anche Roberto Bazzano, presidente di Federutility [1] che ha sollecitato la creazione di "un'autorità indipendente che segua il delicato processo di  cambiamento che il Paese sta affrontando". In secondo luogo, va analizzata la questione delle tariffe (attualmente
quelle italiane sono tra le più basse d'Europa). Per certi versi, il timore di molti che il costo dell'acqua possa salire si scontra con i meccanismi dell'appalto, che ovviamente favoriranno chi pratica prezzi inferiori (generalmente le imprese pubbliche, le quali non hanno necessità di profitti). Il problema si pone in un altro senso, ossia quando si consideri la mole di risorse finanziarie necessarie per "ringiovanire" la rete idrica. A fronte di ciò, le aziende dovranno contenere l'aumento dei prezzi entro il tetto del 5 per cento annuo imposto per legge. I rischi di operare in perdita in un simile contesto sono elevati, tanto da far dubitare che i capitali privati siano intenzionati ad accollarseli senza colpo ferire. Ecco perché Bazzano chiede una modifica dei meccanismi tariffari che, garantendo la copertura delle spese, aprirebbe da subito la strada a investimenti per ben 5 miliardi. 
Ad ogni modo i tempi per eventuali ritocchi sono tutt'altro che scaduti.
  La Lega, ad esempio, che ha votato a favore del provvedimento pur non condividendolo in toto, accennando alla possibilità di richiedere alcune modifiche già in sede di Finanziaria. 
E COMUNQUE, COME SI VEDE, IL DECRETO NON SANCISCE TOUT COURT LAPRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA E FORNISCE IN PROPOSITO STRUMENTI PERCHE' QUESTO NON AVVENGA !
STA AI COMUNI ADOPERARLI, AI CITTADINI VIGILARE PERCHE' QUESTO AVVENGA !
E COMUNQUE I COMUNI POSSONO SEMPRE DICHIARARE L'ACQUA SERVIZIO PRIVO DI RILEVANZA ECONOMICA, ESCLUDENDOLO COSI' DALLA NORMA.

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