giovedì 7 febbraio 2013

Le politiche abitative a Roma. Proposte e analisi per la campagna delle Elezioni comunali. Un contributo interessante dell'Unione Inquilini di Roma

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO:
Unione Inquilini Federazione di Roma
Le politiche abitative a Roma proposte e analisi per le comunali

Roma vive, si può dire da sempre, una questione abitativa che erroneamente viene spesso definita “emergenza abitativa”, ma per i numeri che conosciamo e che saranno citati in seguito nel presente documento, dobbiamo definire di “ precarietà abitativa strutturale”. 

Ad una questione strutturale non... si può rispondere con atti o programmi emergenziali, che creano spesso storture, scarsa trasparenza e servono solo a prorogare la problematica oltretutto con lo spreco di ingenti risorse pubbliche.
Questo ci fa dire che nonostante il gran parlare di casa, più che altro con comunicati stampa piuttosto che nei programmi elettorali, a Roma siamo ancora all’anno zero, in quanto si è cercato in particolare di sostenere una offerta di alloggi che non tenevano in alcun conto il fabbisogno reale.
Secondo noi ogni impostazione di politiche abitative deve nascere dall’analisi reale del fabbisogno effettivo, da cosa è prodotto e da come si esprime, altrimenti si proseguirà in una cementificazione del territorio che produrrà solo spreco di aree e nessuna ricaduta effettiva sull’economia cittadina, anzi, come è successo produrrà solo disordine urbanistico senza alcun sollievo nel campo del superamento o perlomeno dell’approccio minimo alla questione abitativa.

1) Il fabbisogno abitativo
A Roma, dopo che il bando con la graduatoria ancora in vigore, è stato congelato per tre anni, dai primi di gennaio 2013 è stato emanato il nuovo bando. Nella graduatoria del vecchio bando, erano/sono circa 30.000 le famiglie collocate utilmente nella graduatoria. Ora c’è chi dice che con il nuovo bando potrebbero essere 50.000 le famiglie nella nuova graduatoria, famiglie che sono state (o saranno con il nuovo bando) “certificate” dal Comune come aventi diritto a una casa popolare a canone sociale.
A queste si deve aggiungere il fatto che ogni anno a Roma si verificano circa 7000 nuove sentenze di sfratto (oltre l’80% per morosità), mentre circa 2300/2500 sono le famiglie che ogni anno vengono sfrattate forzosamente dall’alloggio con la forza pubblica, nulla si sa di quante sono le famiglie che vengono sfrattate senza l’ausilio della forza pubblica. 15 mila sono o erano le famiglie che ricevevano il contributo affitto ovvero quelle famiglie border line che solo grazie al contributo affitto non cadevano nel baratro dello sfratto per morosità, ora con l’azzeramento del fondo nazionale operato dal Governo Monti, ma in precedenza il Governo Berlusconi lo aveva ridotto dell’85%, queste famiglie nei prossimi mesi/anni rischiano di andare in morosità andando ad aggravare la pressione degli sfratti a Roma. Vi sono circa 2000 famiglie che occupano stabili privati, in gran parte composte da giovani e immigrati organizzate dai movimenti di lotta per l’abitare.
Infine, ma non di minore importanza a Roma, sono circa 90 mila gli studenti fuorisede, che a fronte di soli 600 posti letto forniti dall’Adisu, e di circa 1000 contributi affitto, vanno nel 90% dei casi nelle mani degli evasori fiscali che affittano senza contratto registrato a canoni extra legem, in quanto la legge 431/98 prevede che i contratti transitori non siano a canone libero ma che il canone debba essere individuato all’interno del canale agevolato e dei valori concordati da organizzazioni sindacali e associazioni dei proprietari. Come ciliegina sulla torta si possono aggiungere le circa 1400 famiglie “assistite” nei residence al costo di circa 30 milioni di euro l’anno, in mini alloggi al costo mensile che varia dai 2200 euro fino a oltre 4000, uno spreco indicibile e inaccettabile di risorse pubbliche al quale si dovrebbe porre fine.

2) La consistenza del patrimonio pubblico
A Roma ci sono circa 30.000 case di edilizia residenziale pubblica a canone sociale del Comune di Roma e circa 50.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica gestiti dall’Ater Roma.
Questo consistente patrimonio è un bene comune che dovrebbe essere preservato, rilanciato e riqualificato. Su questo patrimonio al contrario assistiamo a circa 1000 alloggi all’anno che vanno dritti dritti nel mercato nero degli alloggi popolari, gestiti in gran parte dalla criminalità organizzata che li utilizza da una parte come autofinanziamento (prezzi delle case popolari tra i 30 mila e i 70 mila euro) e dall’altra come forma di controllo e gestione del territorio. fronte di ciò il comune fa poco o niente, al massimo riesce a recuperare circa 150 alloggi che provvede a riassegnare, ma è poca cosa rispetto alla possibilità di avere circa 1000 alloggi, il che consentirebbe di assegnare molti più alloggi, se fossero attivate forme reali di contrasto alla compravendita ad esempio dicendo basta a paventate e vociferate sanatorie generalizzate, e applicando la legge regionale in materia che prevede una forte sanzione amministrativa di 25.000 euro che dovrebbe essere comminata sia all’occupante che alla famiglia assegnataria che ha “lasciato” l’alloggio, ed infine recuperando le chiavi e il possesso dell’alloggio lo stesso giorno nel quale viene assegnato.
Sempre nei complessivi 80.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica sono almeno 5000 le famiglie con redditi superiori a quelli previsti per la permanenza. Su questo punto noi proponiamo che per le famiglie di questi alloggi che già oggi pagano canoni vicini a quelli che verrebbero applicati agli alloggi di social housing, si attivino meccanismi allo scopo di far transitare queste 5000 famiglie nei nuovi alloggi del programma di social housing e cosi liberare ed assegnare 5000 case popolari a famiglie nelle graduatorie quelle più povere e con maggiore difficoltà a trovare una soluzione nel mercato, oggi inaccessibile. Come si vede a Roma si potrebbero recuperare, senza ulteriori cementificazioni circa 10.000 alloggi da assegnare se solo di contrastasse efficacemente il mercato nero delle case popolari e si desse una alternativa alloggiativa più consona alle circa 5000 famiglie che hanno redditi superiori alla permanenza nelle case popolari (ater e comune di Roma).

3) Gli sfratti
Nel solo 2011 a Roma e Provincia sono state emesse nuove sentenze di sfratti pari a 6.686, di queste relativamente a Roma città: 128 erano motivate da necessità; 1.163 da finita locazione; 4.678 da morosità. Nel resto della Provincia figurano emesse, sempre nel 2011, 65 sentenze per finita locazione e 652 sentenze per morosità, mentre quelle per necessità sono pari a zero.
Le richieste di esecuzione di sfratti con l’ausilio della forza pubblica, nel 2011, sono state oltre 7200 e di queste ne sono state eseguite, con la forza pubblica, 2343. Nei soli anni 2009-2010-2011 a Roma sono state emanate oltre 22 mila sentenze di sfratto e di queste 16.900 per morosità; oltre 5000 per finita locazione e meno di 200 per necessità del proprietario. ome si evince da questi dati la questione sfratti, e in tale contesto la questione degli sfratti per morosità, non può continuare ad essere evasa e va affrontata in maniera seria e concreta a partire dalla proroga degli sfratti per morosità incolpevole (povertà improvvisa, gravi malattie, licenziamento, cassa integrazione etc). Vogliamo affermare con forza che noi non siamo degli aficionados delle proroghe sfratti, gli inquilini con sfratto non vogliono proroghe, che allungano l’agonia, ma case, queste sono necessarie quando non vi è alcuna modalità attivata di passaggio da casa a casa. Per esempio stiamo ancora attendendo da anni che sia messa nelle condizioni di operare la commissione di graduazione degli sfratti prevista da una legge regionale, senza questa commissione e contestuali politiche serie, di aumento dell’offerta di alloggi a canone sociale e agevolati, arrivando se necessario anche alla requisizione di alloggi sfitti o di quelli occupati da sfrattati a tutela della loro salute, del quale è responsabile il sindaco, e per un tempo determinato, appare impossibile affrontare la questione.

4) I Residence
Una questione annosa e inspiegabilmente ancora utilizzata riguarda i residence che il comune affitta per affrontare emergenze abitative, che dovrebbero essere a tempo determinato ma che sono diventate di fatto a tempo indeterminato.
Nei residence di Roma “vivono”, si fa per dire, circa 1400 famiglie di queste pochissime vengono da uno sfratto forzoso eseguito, la gran parte proviene da sgomberi e molti sono i nuclei di immigrati. Noi riteniamo inammissibile spendere 30 milioni di euro l’anno (circa 60 miliardi delle vecchie lire) per collocare famiglie che evidentemente il Comune ha ritenuto meritevoli di assistenza, in mini appartamenti spesso di circa 25-30 mq, ad un costo medio esorbitante di 2200 euro al mese, con punte anche di 4200 euro mensili, per vergogna omettiamo il costo a metro quadro, altro che valori di libero mercato. Con la metà della spesa media, e anche meno, di un mini appartamento nel residence si potrebbe pagare un affitto di mercato a Roma di un appartamento di 2 vani, cucina e servizi. Abbiamo accertato che gli stessi enti previdenziali privatizzati che non hanno fatto accordi su canoni agevolati ma che applicano prezzi di mercato hanno alloggi liberi offerti in affitto a canoni di oltre la metà di quanto pagato dal Comune ai proprietari dei residence. Per pura provocazione se si dessero circa 1000 euro al mese, a fondo perduto, a queste famiglie per trovarsi un alloggio il comune di Roma potrebbe risparmiare circa 15 milioni di euro all’anno e utilizzarli per incrementare il fondo per il contributo affitto destinato alle 15 mila famiglie che lo richiedono, cosi da un parte si chiuderebbe un vero scandalo e dall’altro si eviterebbero migliaia di nuovi sfratti per morosità. E’ possibile a Roma fare politiche di buon senso?

5) Lotta ai canoni neri

A Roma vivono circa 90 mila studenti universitari fuori sede, di questi solo circa 1600 possono disporre di posti letto forniti dall’Adisu o di contributi all’affitto con fondi regionali.
E’ possibile che il 90% degli studenti fuorisede affitti camere o letti in maniera irregolare senza contratti scritti e registrati, ed anche con canoni che non rispettano la legge 431/ 1998 che prevede canoni agevolati e non a libero mercato per le locazioni transitorie, la stessa cosa avviene per immigrati, giovani coppie, lavoratori quindi è plausibile che siano almeno 150 mila le persone interessate e oppresse da canoni neri. L’Unione Inquilini dal giugno 2011 si è impegnata nell’applicare l’articolo 3 commi 8 e 9 del decreto legislativo 23 del 2011, abbiamo accompagnato oltre 1500 persone/famiglie alla registrazione dei contratti, come prevede la legge citata, e questo ha comportato, in cambio della registrazione, un nuovo contratto, che parte dal momento della registrazione di anni 4+4 e un canone pari a tre volte la rendita catastale, in media 100 euro di affitto al mese. In questo modo abbiamo dato stabilità abitativa, colpito gli evasori fiscali con un efficace conflitto di interesse e fatto incassare oltre 2 milioni di euro all’agenzia delle entrate per imposte, more e interessi.
Siamo consci però che abbiamo incrociato ancora una minima parte dei soggetti interessati. Occorre che il comune scenda in campo su questo versante con un’efficace e capillare informazione, attraverso spot nelle reti locali, con manifesti, attivando appositi uffici presso i municipi, magari anche con l’ausilio delle organizzazioni sindacali degli inquilini. In questo modo si potrebbe benissimo coniugare la stabilità abitativa con maggiori entrate derivanti dalla lotta alla evasione. Ma il Comune potrebbe fare anche di più. Visto che a Roma esiste almeno il 30% di immobili abitati da anziani in alloggi ora diventati troppo grandi per loro, potrebbe attivare un servizio della serie “Adotta il nonno” con la collaborazione di sindacati dei pensionati, dei municipi, delle organizzazioni sindacali degli inquilini e le associazioni degli studenti, con il quale mettere in relazione gli studenti fuorisede e gli anziani spesso soli, allos scopo di utilizzare camere o posti letto, gli studenti fuorisede cosi potrebbero pagare per tali affitti, a quel punto regolari, canoni pari alla metà di quelli a nero offerti oggi, questo rappresenterebbe anche un introito per l’anziano che potrebbe usufruire di una Imu ancora più bassa. Il Comune potrebbe oltre che intervenire sulla riduzione dell’Imu anche attivare la linea adsl gratuita per l’alloggio.
Si intreccerebbe cosi solidarietà tra giovani e anziani, reddito per gli anziani e lotta al nero.

6) Questione urbanistica
La questione urbanistica è strettamente legata alle politiche programmatiche che affrontano la questione del fabbisogno abitativo. Le cose come sono andate fino ad oggi non sono in alcun modo soddisfacenti abbiamo registrato ulteriori cubature per offerte di alloggi che non rispondevano al fabbisogno reale e i risultati si sono visti: nessun aumento di alloggi a canone sociale, nessuna offerta di alloggi a canone agevolato, nessun superamento delle criticità da sempre esistenti, vedi residence, passaggio da casa a casa per sfrattati, famiglie nelle graduatorie con sfratto eseguito da anni e anni; nessun intervento per studenti fuorisede. Per quanto riguarda il social housing tanto sponsorizzato questi può essere efficace solo se gli alloggi realizzati o recuperati sono assegnati tramite bandi pubblici che si riferiscono a cittadini con redditi tra i 30 mila euro e i 50 mila euro, e se i canoni sono stabiliti con appositi accordi integrativi con le organizzazioni sindacali, questo anche per evitare scandali come quello scoppiato recentemente con gli alloggi (366) di social housing che dovevano essere affittati a canone agevolato ma che invece sono stati affittati a libero mercato e neanche a famiglie segnalate dal comune, senza questo il social housing si risolve in sola cementificazione speculativa che mantiene intatte le criticità.
Noi siamo pensiamo che vada abbandonata l’idea di continuare a elaborare piani regolatori sulle aree. C’è bisogno di una inversione di tendenza e vedremmo molto favorevolmente l’approvazione di un piano regolatore socialmente utile che si riferisca agli immobili esistenti, con particolare riferimento a quelli non utilizzati definendone modalità di utilizzo insieme a tassazioni speciali che intervengano in particolare sul non utilizzo e che puntino più in generale alla riqualificazione della città. Andrebbe in ogni caso data la priorità assoluta all’utilizzo degli immobili esistenti per esempio con una ricognizione degli immobili (e in questo caso anche delle aree) del demanio civile e militare (con un occhio particolare ai forti militari ormai collocati all’interno della città) sia per la loro trasformazione in alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale (ai quali destinare almeno il 70% degli investimenti) che ad alloggi sociali a canone agevolato.
Cosi come fare un monitoraggio e censimento degli immobili pubblici e privati che potrebbero essere interessati dal rilancio dell’autorecupero e in caso di aree all’autocostruzione da parte di cooperative interetniche composte da cittadini con disagio abitativo e redditi medio bassi. Andrebbe altresì verificato lo stato di utilizzo dell’immenso patrimonio delle Ipab, e dei patrimoni comunali, regionali e provinciali, ovvero dell’area metropolitana, già esistente nell’ottica del loro utilizzo a fini abitativi e sociali.
Insomma noi riteniamo che ogni politica sana e concreta non possa non partire dall’utilizzo pieno dell’esistente.
Se non si parte da qui appare difficile rendere conciliabili interessi spesso contrastanti nei quali vince la pura speculazione e la rendita.

7) Il finanziamento delle politiche abitative di edilizia residenziale pubblica

Spesso ci viene detto “ si va bene ma dove troviamo le risorse ? “ la domanda è pertinente e legittima e noi abbiamo alcune proposte che riteniamo possano diventare oggetto di discussione.
Noi pensiamo ad un ventaglio di proposte che dovrebbero essere integrate da risorse che derivino da stanziamenti statali ed europei che ci sono ancora e devono essere implementati con una forte richiesta da parte del comune di Roma e dell’Anci.
In primis una parte dei finanziamenti dovrebbe venire dall’Imu applicata alle case sfitte e da quelle affittate a nero senza contratto registrato, applicando a queste il massimo e chiedendo al Governo di consentire fino al raddoppio di queste per i citati alloggi. Altri finanziamenti deriverebbero dalla lotta ai canoni neri accompagnando studenti, lavoratori e immigrati alla registrazione dei contratti che porterebbe ad un aumento consistente delle imposte sui canoni che sulla base del federalismo locale dovranno andare ai Comuni. Un ulteriore finanziamento potrebbe derivare dall’istituzione di un apposito fondo al quale fare confluire le caparre sulle locazioni versate dagli inquilini ai proprietari. Queste caparre sono soldi degli inquilini gestiti dai proprietari che sono costretti a versare agli inquilini gli interessi legali (ogni anno o alla fine della locazione) interessi che spesso superano quelli a loro accreditati dalla banca. Il Comune con la nostra proposta si farebbe garante di inquilini e proprietari (sia piccoli, che grandi, che enti) e alla fine della locazione verserebbe questa caparra all’inquilino oppure nel caso di danni al proprietario. Se ipotizziamo che a Roma sono circa 200 mila le case in locazione e prendiamo a riferimento un canone di 300 euro mensili (dicasi 300 euro che sicuramente non rappresenta la media degli affitti a Roma), per i tre mesi di caparra, questa sarebbe pari a circa 1000 euro vuol dire che il fondo citato potrebbe essere alimentato potenzialmente da almeno 200 milioni di euro e questi tolta una parte del circa 20% per i contratti che scadono, potrebbero essere utilizzati per finanziare politiche abitative di edilizia residenziale pubblica.
A cura di Massimo Pasquini ( Segreteria Unione Inquilini Roma)

1 commento:

Matteo Mattioli ha detto...

L'unione inquilini dovrebbe vergognarsi di sostenere ancora l'autocostruzione, le cose che scrivo le conosce bene.
Negli ultimi 10 anni centinaia di famiglie sono state truffate con la falsa promessa di un progetto di autocostruzione della propria casa. Dopo essere state abbandonate sono state anche umiliate, costrette a rimanere in silenzio e nessuno ha loro prestato ascolto. La situazione ora torna a presentarsi, in regioni come Umbria, Toscana, Lombardia, Campania e Puglia si torna a parlare di autocostruzione. Prestate attenzione e condividete con i vostri contatti.
Io faccio parte di un gruppo di 14 autocostruttori de Ravenna. Dopo avere lavorato per 3 anni alle nostre case Alisei ONG ci ha abbandonato. Ora abbiamo un debito con la banca di 1.322.000 € e la nostra casa, ferma da 4 anni al grezzo, verrà probabilmente abbattuta.

Questa la video-inchiesta di Ruben Oliva, sulla truffa autocostruzione pubblicata sul Corriere della Sera:
http://matteo-equilibrio1.blogspot.it/2012/10/autocostruzione-video-inchiesta-di.html
Per maggiori informazione:
http://matteo-equilibrio1.blogspot.it/
http://difesaconsumatori.eu/