sabato 21 settembre 2013

Progetto casa - Roma, III Municipio. La costruzione delle nuove “opere per la Difesa” nel 2013. Un articolo rivelatore di Maurizio Ceccaioni da di-roma.com. Qui - NONOSTANTE LE NUOVE GIUNTE MARINO E MARCHIONNE, NONOSTANTE IL NUOVO ASSESSORE ALL'URBANISTICA CAUDO SIA VICINO A SEL- va ancora tutto avant come prima !!! Nei nostri quartieri CONTINUANO A COMANDARE I PALAZZINARI !!!! NON SE NE PUO' PIU' !!!

LINK: http://www.di-roma.com/index.php/cronaca/728-progetto-casa-roma-iii-municipio-la-costruzione-delle-nuove-opere-per-la-difesa-nel-2013

Nel III Municipio si scava, si richiude e si scava ancora. Ma non è la vulgata popolare sulla teoria di Keynes, ma scavi archeologici per nuove costruzioni. Come i 270 appartamenti previsti del “Progetto Casa” dell’Aeronautica Militare, nel «nuovo modello di riferimento per la costruzione di opere per la Difesa». Ma con migliaia di case invendute in tutta Roma, tutto questo, a chi giova?
(editoriale del direttore responsabile a fine articolo)
di Maurizio Ceccaioni
Se non di contrarietà, si può parlare di pura diffidenza, ascoltando i mugugni della gente, in una domenica di agosto nel centro commerciale Porta di Roma, davanti a quei bellissimi, anonimi mosaici di una villa romana portata alla luce durante gli scavi e poi sommersa dal cemento. Specie se sul muretto che delimita quei pochi resti di storia cancellata dalla modernità, capita di imbattersi nei discorsi sui “massimi sistemi”, di cui il popolo italiano è maestro. Ma vi sono anche storie che non possono restare inascoltate alle orecchie del cronista.
Come quella trattata da alcuni pensionati: gli scavi archeologici per le case dell’Aeronautica.

Parlammo di queste case ben prima di quel 19 ottobre 2012, quando l'assessorato all'Urbanistica annunciò l'avvio della prima fase del processo partecipativo per la cosiddetta “Area A del Programma Urbanistico Bufalotta”, nel Parco delle Sabine. Argomento trattato dalla gente con passione e diffidenza. Di «colpo di coda dei “padroni del mattone”», diceva uno e di «Un’eredità del “Modello Roma” della giunta Veltroni», diceva un altro. «Qui c’hanno intinto il pane tutti i politici e noi ancora non lo capiamo», chiosava infine un signore basso e paffuto, per tagliare corto sul discorso.
Forse qualche ragione per essere arrabbiati l’avevano. Perché siamo nel III Municipio di Roma (ex IV), il più popoloso della capitale, dove negli ultimi 15 anni si è riversato qualche milione di metri cubi di cemento, con molte case ancora invendute, spesso frutto di piani di edificazione previsti da altre parti poi dirottati proprio nel Municipio Monte Sacro. Come quelle del gruppo Caltagirone su via Di Mitri (dall’ex municipio VI) o le decine di “torri” del gruppo Mezzaroma a Talenti (compensazione del Borghetto Casilino).
Tutte uguali e attorniate da altre recinzioni in lamiera e cumuli di terra fresca: futuro cemento che andrà a ridurre quegli iniziali 170 ettari destinati a verde pubblico, dei 332 del «Progetto urbano Bufalotta».
Se nella convenzione firmata a gennaio 2001 fra la Società Porta di Roma Srl, Comune di Roma, Regione Lazio e Anas, per “aree libere” si poteva intendere “verde pubblico attrezzato e servizi” (vedi pianta progetto Porta di Roma), verso la seconda metà del 2012, qualcosa cambiò, come il coniglio estratto dal cilindro dell’illusionista.
 Ma a cambiare non era solo la destinazione d’uso della “Torre di Roma”, quell’albergo nato a ridosso di Porta di Roma e oggi messo in vendita come appartamenti privati dalla società Altavista Re. Con la pubblicazione sul sito dell’assessorato all’Urbanistica del Comune di Roma del documento intitolato "Un nuovo modello di riferimento per la costruzione di opere per la Difesa" nel Parco delle Sabine, la storia diventa intrigante, perché niente farebbe pensare a delle case.
Ironizzando, ci si potrebbe domandare: «Conterrà forse le mappe per la dislocazione segreta degli F35 che ci accingiamo a comprare per svariati miliardi di spesa?» Oppure: «Ci faranno una base di missili “Patriot” contro le invasioni aliene?».
Nulla di tutto questo, perché in un paese di creativi, il dubbio è presto risolto e a un occhio attento e un po’ diffidente, basta poco per capire l’escamotage usato: l'articolo 84 delle Norme Tecniche di Attuazione del Prg del 2003, che spiega come in aree di questo tipo, ci si possono fare anche insediamenti militari.
Sì, avete capito bene: insediamenti militari che nell’immaginario collettivo fanno pensare alla Cecchignola o Forte Braschi. Invece questo “nuovo modello” significa 270 appartamenti, alloggi di servizio ad uso del personale dell’Aeronautica Militare, con 15 palazzine di 4 piani ognuna e servizi vari. Eppure l’area doveva servire per «attrezzature di livello urbano, ovvero finalità di interesse pubblico», ma da quanto è dato sapere, l’area avrà l’accesso interdetto ai comuni cittadini, trattandosi di “insediamento militare”.
Se dall’assessorato confermano che per loro l’opera è di interesse pubblico, a guardare meglio i documenti presentati dai proprietari del terreno, a parte le grossolane manipolazioni sulle mappe (appaiono diverse da quelle base della Centralità Bufalotta), si capisce che da tempo tutti sapevano, dato che quanto presentato risponde al bando del “Progetto Casa” lanciato dall’Aeronautica Militare per «verificare la possibilità di far acquistare al personale militare immobili privati, nelle vicinanze delle sedi di servizio, ad un prezzo più vantaggioso rispetto a quelli di mercato».
E i proprietari dei terreni, che potrebbero essere proprio il duo Toti- Parnasi (attivissimo a Porta di Roma), ha casualmente colto la palla al balzo, con un iter che ha avuto una rapidità insolita, quasi quanto quella messa nel richiudere gli scavi archeologici e rimuovere le recinzioni di cantiere dopo l’allarme lanciato dai cittadini. Un’ipotesi avvalorata dai residenti e da chi stava scavando nei giorni scorsi.

«Arriva in ritardo» fa Carlo, un signore che porta a spasso il cane. «L’ho vista fotografare l’area, ma ormai hanno chiuso tutto con le ruspe».
Chiedo se è quella delle case dell’aeronautica: «Sì. Fino a pochi giorni fa era tutto uno scavo a scacchiera e qui – indica un luogo vicino al palazzo bianco che si affaccia sull’area - hanno trovato una villa romana ma l’hanno subito ricoperta». Se le tracce del lavoro appena terminato sono ben visibili, altrettanto non lo è il cartello di cantiere sul container lungo strada.
Guardi l’area di fronte all’inserimento dell’A1 sul Gra e pensi che dalle immagini nel progetto presentato, quella valletta con la terra fresca degli scavi, un domani sarà sommersa dal terreno di risulta (vedi foto a inizio articolo).
C’è tanta la diffidenza verso il “potere”, anche in quei cittadini stanchi dei continui “cambi di destinazione d’uso” dopo l’approvazione, della delibera 218/07 per “Centralità Bufalotta”, ulteriore sfregio a un Prg nato già morto e “forzata” dagli allora assessori comunali Claudio Minelli (Casa) e Roberto Morassut (Urbanistica), ma osteggiata da municipio e cittadini. Gli stessi che hanno usato come amplificatore la stampa locale, le associazioni e i comitati di quartiere come il Cdq Serpentara, molto attivo nel III Municipio nel portare avanti battaglie per la difesa dell’ambiente, del territorio e della legalità.
 Un comitato che, rifacendosi al “processo partecipativo” previsto dalla delibera del comunale 57/06, aveva sollevato più di qualche dubbio su tutto il progetto presentato, avvalorato dalle documentazioni presentate da alcuni suoi membri. Tanti cittadini trasformati in “Sherlock Holmes” dell’urbanistica, per documentare in rete quello che accade, cercando di fermare quella “discreta” Cecchignola dell’aviazione.
La domanda allora sorge spontanea: ma con tanti appartamenti invenduti, non si potevano reperire sul mercato queste abitazioni, invece di fare l’ennesima forzatura dei potenti di turno?
Maurizio Ceccaioni

Difesa, l'incertezza dell'abitare. Pasticci di casa nostra
di Giuseppe Grifeo
È una vicenda singolare questa del fabbisogno di alloggi da parte della Difesa, al centro di parecchi miei articoli sul quotidiano Il Tempo dal 2003 a oggi.
Da anni il problema vede contrapposti gli stati maggiori dei corpi militari da una parte e gli utenti delle case della Difesa dall'altra (una volta considerati “sine titulo”, termine poi bocciato dalla Corte dei Conti) pensionati militari o ancora in servizio o vedove di militari che, anche da 40 anni, pagano affitti maggiorati (sempre comunque più bassi del comune mercato) di cui una parte doveva essere destinata a un fondo per costruire nuove case (o per ristrutturare quelle esistenti abbandonate o per accendere mutui in favore di giovani militari). Questo fondo è risultato sempre vuoto. Sottolineo che la larghissima maggioranza degli affittuari è a bassissimo reddito, non è fatta da alti graduati in pensione.
Il ministero spesso si è trovato fra opposte spinte e per decenni non ha mai posto riparo alla questione.
Qual è il nocciolo della vicenda?
«Un fabbisogno di 50.600 immobili quantificato dalla Difesa, mentre si fa la guerra contro 3.200 “sine titulo” dicendo ai militari in servizio che sono senza casa perché è colpa di questi che non se ne vanno da case che “occupano” (invece pagano affitti regolati da precisi articoli di Legge)». Queste le parole dell'onorevole Francesco Bosi dell'allora Udcptp, pronunciate l'anno scorso, a ottobre, nell'Aula dei gruppi parlamentari della Camera dei Deputati, quando la vicenda esplose in tutta la sua evidenza. Avvenne durante l'evento organizzato da Casadiritto, associazione dei residenti del demanio militare guidata da Sergio Boncioli e dal Giornale dei Militari. Parteciparono rappresentanze varie da tutta Italia, insieme ad alcuni osservatori dello Stato Maggiore e a rappresentanti del Cocer, il COnsiglio CEntrale di Rappresentanza, l'organo/sindacato nazionale e interforze che rappresenta il personale dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Insieme a loro alcuni onorevoli dell'epoca.
«Cinque anni fa si disse che le forze armate avevano bisogno di 50.600 alloggi, eppure non s'è costruito nulla, non è stata tirata su nemmeno una pietra - disse il tenente colonnello Botacchiari, vicepresidente del Consiglio centrale di rappresentanza dell'aviazione militare/Cocer – E dove sono finiti i 50 milioni del Fondo Casa istituzionalizzato nel 1994, fondo che doveva servire anche per dare case ai militari in servizio?».
Pasticcio sul patrimonio immobiliare della Difesa come allo stesso evento evidenziò l'allora senatrice ApI-Fli Maria Ida Germontani che pose l'accento sulla confusione anche perché, prendendo in considerazione solo le vendite degli immobili da alienare, non si è potuto procedere perché sussistono situazioni paradossali, «come la sola situazione alla Cecchignola, dove metà degli edifici non sono accatastati».
Quindi, lotte contro uno sparuto drappello di affittuari quasi a giustificare un blocco all'edificazione di case che invece servirebbero, un pastrocchio di tantissimi immobili non accatastati e, aggiungerei, anche le oltre 4.000 abitazioni vuote perché da ristrutturare... Sì ci sono pure queste.
E adesso si voglio fare tante belle case nuove a Monte Sacro? Ma ce bisogno di farne così tante e per la sola Aviazione?
C'è già tanto posto per i militari in servizio, basterebbe intanto rimettere in servizio i tanti appartamenti vuoti perché da ristrutturare: nella sola Capitale sono circa 600. Poi ce ne sono tantissimi altri vuoti e non necessitano di riparazioni.
Infine, se dal 1994 la Difesa non ha messo da parte nulla di quei 50 milioni estrapolati dagli affitti degli attuali utenti per l'istituzionalizzato Fondo Casa... che provveda. Magari con un bel risparmio tagliando l'acquisto dei nuovi caccia F-35, non solo sospendendolo.
Potrebbe aiutare.


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