mercoledì 6 agosto 2014

Roma Streetart: Arte venezuelana nel III Municipio

L'arte del Venezuela sui muri di Serpentara, Vigne Nuove e Valmelaina
romatoday: L’arte del Venezuela conquista il Montesacro, murales in periferia
 fonte:  http://montesacro.romatoday.it/fidene-serpentara/murales-venezuelani-serpentara.html

Da Serpentara a Vigne Nuove, senza dimenticare Valmelaina: cinque importanti artisti hanno decorato i muri strappandoli al degrado
L'arte del Venezuela sui muri di Serpentara, Vigne Nuove e Valmelaina

Un mese di lavoro tra Vigne Nuove, Valmelaina e Serpentara per cinque artisti venezuelani che hanno decorato i muri dei quartieri del Municipio III sostituendo il grigio con colori e fantasia.

Un progetto nato dalla collaborazione tra Piazza Sempione e l'Ambasciata della Repubblica Bolivariana che ha riscosso successo tra residenti, passanti e curiosi: “In tantissimi hanno dimostrato apprezzamento per un’arte che oltre a restituire una tradizione culturale importantissima, quella dell’America Latina, è un antidoto contro il degrado” – ha commentato il Presidente del Municipio III, Paolo Marchionne.

“Siamo molto orgogliosi – hanno proseguito l'assessore alla Cultura, Gianna Le Donne e Vittorio Pietrosante, assessore alle Attività Produttive - di poter annoverare nel progetto del Municipio StreetArt3 anche queste opere meravigliose che sono state realizzate anche grazie al coinvolgimento di realtà commerciali del territorio quali Leroy Merlin di Porta di Roma che a titolo gratuito ha fornito i materiali necessari alla realizzazione di queste vere e proprie opere d’arte”.
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il manifesto:  La «rivoluzione bolivariana» corre sui muri di Roma

fonte: http://ilmanifesto.info/la-rivoluzione-corre-sul-muro/

Il collettivo di muralisti venezuelani Suroeste unido
Chi sono que­sti ragazzi? Cosa li spinge a dipin­gere i muri in un asso­lato pome­rig­gio di luglio? Chi li ha invitati?
Eloy tende il logo del gruppo: una piuma sopra una stella rossa e il nome: @tiunaelfuerte. E Rom­mer spiega: «Siamo del col­let­tivo Suroe­ste unido nel quar­tiere El Valle, situato all’interno del pro­getto cul­tu­rale del parco Tiuna El Fuerte». Un quar­tiere popo­lare della capi­tale vene­zue­lana in cui ha preso forma un grande spa­zio di riqua­li­fi­ca­zione urbana (9.977 mq) che ha messo al cen­tro la cul­tura. Un pro­getto di arte, labo­ra­tori e comu­ni­ca­zione che, per le sue avve­ni­ri­sti­che pro­po­ste archi­tet­to­ni­che – una serie di con­tai­ner ristrut­tu­rati con tec­no­lo­gie alter­na­tive per la costru­zione, il con­trollo e la gestione di ener­gia -, ha otte­nuto vari rico­no­sci­menti inter­na­zio­nali. Un modello di micro orga­ni­smo urbano cen­trato – spie­gano i ragazzi — «sullo svi­luppo endo­geno, sociale, inte­grale»: un «intrec­cio tra arte, lavoro e rela­zioni sociali che ali­menta l’idea di una nuova società neces­sa­ria e pos­si­bile. In primo luogo a par­tire dalla rela­zione di genere: con le ragazze, abbiamo una mesco­lanza di idee e ruoli che fun­ziona. Loro arri­vano dove noi siamo un po’ limitati».
Un labo­ra­to­rio che ha diverse repli­che nelle peri­fe­rie più recon­dite del Vene­zuela boli­va­riano: «Essere più colti per essere più liberi», reci­tano molti mura­les per le strade del paese. E, dalle piazze al Par­la­mento, l’insistenza sul lato «peda­go­gico e gram­sciano» del socia­li­smo vene­zue­lano è costante. Tutto, però, ali­men­tato dal pre­cetto del Liber­ta­dor Simon Boli­var, che aspi­rava a rag­giun­gere «il mas­simo di feli­cità pos­si­bile» per il popolo. Per que­sto, il governo ha isti­tuito per­sino un mini­stero per la Feli­cità: pren­dendo sul serio le sta­ti­sti­che che pon­gono i vene­zue­lani tra i popoli «più felici» del pia­neta. Nel parco sono attive molte “Misio­nes”, i piani sociali del governo dispie­gati in tutti i campi del biso­gno e dei diritti: dall’alimentazione, all’educazione, all’ambiente, a un diverso rap­porto con gli ani­mali (la Mision Nevado). La Mision arbol (albero), che pro­muove pro­getti edu­ca­tivi per la sal­va­guar­dia del ter­ri­to­rio e per la difesa dei boschi, è una delle chiavi di pro­po­sta di Tiuna El Fuerte. Il Vene­zuela non è solo ricco in petro­lio, ma anche in bio­di­ver­sità. E ha messo al cen­tro del suo «pro­gramma stra­te­gico» l’apporto a un nuovo modello di svi­luppo basato su un diverso rap­porto con la natura. Nei mesi scorsi, movi­menti ambien­ta­li­sti, col­let­tivi e asso­cia­zioni di quar­tiere hanno pre­sen­tato le loro pro­po­ste al grande incon­tro inter­na­zio­nale che si è svolto sull’isola di Mar­ga­rita, da por­tare al pros­simo ver­tice sul cam­bia­mento climatico.
Rac­conta Ronald: «Tutto è comin­ciato nel 2007, quando il pro­getto del parco cul­tu­rale ci ha fatto incon­trare. Prima dipin­ge­vamo ognuno per pro­prio conto, poi ci siamo resi conto del poten­ziale che ave­vamo se aves­simo lavo­rato insieme, e siamo andati lon­tano. Abbiamo aperto un labo­ra­to­rio di seri­gra­fia, di tatuaggi, un cen­tro di comu­ni­ca­zione. Attra­verso l’esempio, la fami­lia­rità, il gesto arti­stico, aiu­tiamo i gio­vani dei quar­tieri poveri a sco­prire i pro­pri talenti. Se si dedi­cano all’Hip pop, al dise­gno, alla scrit­tura stanno lon­tani dalla noia, dalla droga e dalla delin­quenza. Le destre demo­niz­zano i col­let­tivi, vor­reb­bero met­terci in galera, ma sono que­ste le nostre armi. Chi è abi­tuato a domi­nare il mondo, ha paura di chi rea­lizza pro­getti fuori dagli schemi del potere».
Un col­let­tivo misto di stu­denti, arti­sti, geo­grafi, lavo­ra­tori manuali e scrit­tori, «orga­niz­zato in modo oriz­zon­tale. Da noi – pre­cisa Ronald — tutto viene messo in comune, rico­no­sciamo le neces­sità dei nostri simili e lavo­riamo per aiu­tarli. Ci met­tiamo di più, ma poi le cose fun­zio­nano e durano nel tempo. E’ come una costante tera­pia di gruppo: ci riu­niamo, sta­bi­liamo delle mete e andiamo avanti con un fun­zio­na­mento a rete, con gli altri col­let­tivi sparsi sul ter­ri­to­rio. Quando è neces­sa­rio, ci incon­triamo a livello nazio­nale, ma senza sca­denze fisse: sap­piamo di pro­ce­dere tutti verso lo stesso oriz­zonte. Il capi­ta­li­smo è glo­bale, e anche noi dob­biamo pro­iet­tarci fuori, essere mol­ti­pli­ca­tori di mes­saggi alter­na­tivi. L’impero vende mar­che e modelli di con­sumo, e mette la tua vita in sca­tola da quando nasci a quando muori dan­doti l’illusione che stai sce­gliendo qual­cosa. Noi, attra­verso l’arte di strada dif­fon­diamo cel­lule di libertà per creare rivo­lu­zione. Andiamo dai gio­vani e diciamo: venite a vedere, si può vivere can­tando, pit­tu­rando, rea­liz­zando la pro­pria crea­ti­vità. Non lasciarti con­vin­cere che devi avere il tuo capo, orari da catena e lo sfrut­ta­mento del lavoro sala­riato. Pos­siamo rea­liz­zare un altro sogno».
Un sogno dif­fi­cile senza i mas­sicci inve­sti­menti del governo socia­li­sta per l’arte, la cul­tura e il lavoro gio­va­nile… All’ultima Bien­nale di Vene­zia, il Vene­zuela di Nico­las Maduro ha scelto di far rap­pre­sen­tare il suo paese dall’arte urbana, inviando gruppi di mura­li­stas di diversi orien­ta­menti e pra­ti­che. Ce ne sono in tutti i quar­tieri, in tutti gli angoli del paese fede­rale: che aspira a diven­tare «lo Stato dei comuni e delle comuni auto­ge­stite». Anche il col­let­tivo Tiuna El Fuerte ha avuto il viag­gio pagato per essere amba­scia­tore di «cul­tura e libertà». E ha dipinto i muri di alcuni posti occu­pati, dal cen­tro sociale Spar­taco al Lucernario.
Qual è il rap­porto dei wri­ters con il governo? «La rivo­lu­zione boli­va­riana – risponde Javier – ha creato delle grandi oppor­tu­nità, con­sen­tendo anche a noi di vivere facendo quel che ci piace. Tut­ta­via, più che di un aiuto si tratta di rico­no­sci­mento del lavoro e della crea­ti­vità della base. Noi non abbiamo biso­gno di lot­tare per pren­derci uno spa­zio come devono fare i cen­tri sociali in Ita­lia. Per rispon­dere effi­ca­ce­mente al mes­sag­gio capi­ta­li­sta non dob­biamo chiu­derci nei nostri luo­ghi come in una trin­cea. Occorre met­tersi in strada, comu­ni­care attra­verso l’arte un sen­ti­mento d’identità e d’appartenenza e rivol­tare con­tro il sistema i suoi mes­saggi di oppres­sione e con­su­mi­smo». E Wol­fgang pre­cisa: «Non par­te­ci­piamo al dibat­tito teo­rico del Par­tito socia­li­sta unito del Vene­zuela, agli schie­ra­menti pub­blici e alle bat­ta­glie di orien­ta­mento. Ci sono già tanti gio­vani che s’impegnano in quel campo. Tra­du­ciamo i con­te­nuti poli­tici attra­verso i codici dell’arte. In que­sto modo par­liamo di socia­li­smo o di rivo­lu­zione senza aver biso­gno di nomi­nare la parola, rivol­gen­doci ai più umili per­ché capi­scano il poten­ziale tra­sfor­ma­tivo che hanno dentro».
Inter­viene ancora Eloy: «I mura­les sono un regalo alla comu­nità. Un’opera d’arte che nes­suno può com­prare, por­tarsi a casa o disqui­sirne nelle acca­de­mie. Dal Mes­sico al Cile, in Ame­rica latina c’è una lunga tra­di­zione di mura­li­stas, che si rin­nova costan­te­mente in que­sto periodo di rivo­lu­zione espri­men­dosi sui temi della sto­ria, della soli­da­rietà inter­na­zio­nale alla Pale­stina… So che qui non è con­sen­tito dipin­gere le pareti. Ma non c’è niente di distrut­tivo nel nostro lavoro arti­stico, anzi. Quando porti a spasso il cane o stai gui­dando, ti arri­vano inviti dai car­tel­loni pub­bli­ci­tari. Dai mura­les pos­sono arri­varne altri. E tu ci rifletti». E così, su invito del III Muni­ci­pio, i ragazzi hanno dipinto anche un murale “edu­ca­tivo”: con­tro l’abuso di dro­ghe o l’uso del cel­lu­lare alla guida e per la pre­ven­zione degli inci­denti stradali.
Davanti all’Istituto tec­nico adesso c’è una pic­cola folla che osserva. Diverse mac­chine hanno ral­len­tato per poi deci­dere di fer­marsi a guar­dare: «Sono due giorni che vengo a veder cre­scere il murale – dice una ragazza – que­sta ban­diera mul­ti­co­lore è un mes­sag­gio uni­ver­sale e que­sta è pro­prio una bella crew. Cono­sco l’arte dei graf­fiti. Ho chie­sto anche noti­zie del Vene­zuela, da adesso in poi valu­terò diver­sa­mente quel che mi arriva dalla tele­vi­sione». Di fianco, un signore più anziano tiene per mano una bam­bina. Si è fer­mato per vedere «chi stava imbrat­tando i muri a mez­zo­giorno d’estate». Poi si è lasciato «incan­tare dall’abilità dei ragazzi». Ed è rima­sto a bocca aperta quando ha saputo che rie­scono a vivere del pro­prio lavoro arti­stico. «Io – rac­conta – ho un figlio con lau­ree e diplomi, ma finora ha tro­vato solo qual­che lavo­retto da cameriere».


Qualche scatto: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10203774795437967&set=pcb.10203774824398691&type=1&theater 



















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L'arte del Venezuela sui muri di Serpentara, Vigne Nuove e Valmelaina



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